Utopia la bomba “U”

di Luigi Franco

11 settembre 2004

Sembrava la grande assente dall’arsenale delle potenze umane. Un ordigno inedito,un’onda d’urto che si propaga con la velocità del sogno. U come Utopia…

Mattinata interminabile per il dottor Filippo,manager di una grande industria elettronica,nell’ufficio falcidiato dall’assenteismo postfestivo. “Ma domani mi sentiranno!”,minaccia stancamente alcune volte.

Ha la testa pesante anche lui: la sera prima,nella sua villa fuori città,ha festeggiato il martedì grasso. Niente stravizi,una cosetta intima tra amici: lo spettro di un secondo infarto gli fa evitare ogni eccesso, a parte il fumo. Ma oggi lo aspetta una colazione di lavoro dove di dovrà parlare di budget,dumping e marketing,nonché del lancio di una nuova campagna pubblicitaria.

Non prende la macchina,il ristorante è a pochi isolati di distanza. Camminando,non bada ai residui del Carnevale appena concluso,sparsi ancora ovunque per la strada: Ma chissà perché,prima di voltare l’an- golo,il suo sguardo cade su un oggetto abbandonato,tra i tanti: un petardo inesploso.

Vagamente incuriosito,l’uomo lo raccoglie,lo accende col mozzicone della sigaretta,lo lancia. L’incrocio della via in quel momento è affollato,lunghe colonne d’auto sono ferme ai semafori. Nessuno immagina che ora tutto comincia.

E’ un boato immane,uno schianto apocalittico che scuote le radici di tutto -anche se al dottor Filippo non pare che il colpo secco di un petardo.


“Proprio così,l’hotel è chiuso. E i suoi colleghi,mi dispiace,oggi non li ho visti”. Il cameriere non è in divisa, e sembra stia lavorando con altri a una completa ristrutturazione del locale.

Il professionista è stizzito e sconcertato da un simile disguido: non è mai successo che quelli dell’ufficio ven- dite abbiano mancato un appuntamento così serio. Ma le sorprese continuano: nessuno risponde dai rispettivi studi o abitazioni,se non le segreterie telefoniche. E in giro non c’è l’ombra di un taxi. Anche una tavola calda,un bar nelle vicinanze,sono chiusi. Un altro ce n’è, là all’angolo, che sembra in fun- zione: ma il barista è poco cerimonioso.

” Come,entri,ordini,e pretendi che io ti serva? Dì un po’,ne sai qualcosa tu di come si alleva una vacca,o il caffè per fare il cappuccino che mi chiedi?”

Il dottore è esterrefatto. Ma prima che possa replicare,il presunto barista è uscito,sta armeggiando con l’inse- gna,la smonta. E più in là,tutto intorno,c’è un via vai insolito,un formicolìo di gente a piedi,che lavora a smantellare,a demolire. L’intero quartiere sembra trasformato in un cantiere,c’è un’atmosfera di trasloco ge- nerale. Si riaggrappa al telefono.

“Cara,scusami,ti avevo detto di non aspettarmi per pranzo,ma devo parlarti subito,qui stanno succedendo cose inaudite,adesso vengo a casa immediatamente”

“Ma come,Filippo,non hai saputo.non ti sei accorto che. ?”

Ha riattaccato,ha già raggiunto la macchina,sta attraversando la città fantasma: vetrine rotte,portoni divelti, cumuli di masserizie ovunque.Banche,negozi,grandi complessi e istituzioni,tutto a soqquadro; in circolazione si vedono solo camion,carri,trattori; e l’autoradio non trasmette notiziari,ma solo musica. A stento riconosce quello che era il suo elegante edificio residenziale,anch’esso in preda a un pacifico sac- cheggio. Il suo piano,il quinto,insieme a quelli superiori,è stato spazzato via,e squadre di operai vanno ri- movendo e selezionando le macerie.

“Ma quello è il mio De Chirico!” Mentre fa per avventarsi sui due vicini di casa che stanno trasportando la tela,il manager intravede la moglie,al lavoro anch’essa tra la folla dei condomini.

“Agnese! Agnese!”

La donna gli viene incontro,scotendosi la polvere dagli abiti.

“Agnese,in nome di Dio,che significa tutto ciò? Non sei ferita,non è stato un terremoto? E nostro figlio do- v’è? Cosa ci fai in mezzo a questi sciacalli,cosa aspetti a chiamare la polizia? Ma non vedi,la tua profumeria, stanno devastando tutto,maledetti!”

“Calmati,Filippo,calmati. Vedo che ancora non sai,calmati,ora ti spiego. Marco è a scuola coi suoi compa- gni,a smantellare la vecchia istituzione. Quanto alla profumeria c’è poco da rimpiangere,se pensiamo che nella comunità che stiamo costruendo,anche dei profumi,come degli altri beni che decideremo di permetterci, potremo vivere direttamente tutto il processo,dalla fonte naturale fino al loro uso”

“Ma tu farnetichi,siete tutti impazziti! O forse sono io che sto sognando.”

“L’hai detto: ci stiamo riprendendo la vita,e cresce con la forza del sogno”

Agnese ha ripreso il lavoro,mentre il marito resta a guardarla inebetito. Poi si riscuote,stai per aggredirla, fuori di sé: “Tu mi devi spiegare,mi spiegherai tutto! Ma adesso prendiamo ciò che resta della nostra roba, passiamo a prendere Marco e ce ne andiamo nella nostra tenuta in campagna!Avanti!”

“E’ inutile che ti agiti,Filippo. Ancora non capisci? Non c’è più nessuna tenuta,è stato tutto requisito. Davvero non hai saputo della bomba utopica?”

L’uomo si accascia,smarrito: “No,non ci credo.Che significa tutto questo? Di che bomba vai parlando?

Che cos’è,dimmi,un golpe,i Kmer rossi,il Grande Fratello? Come ha potuto succedere così all’improvviso?

E soprattutto,dove credete di arrivare? Se anche non intervengono la magistratura e l’esercito,dovrete pur fare i conti con l’Europa,il patto atlantico,gli equilibri internazionali.” “L’insurrezione è dappertutto. Dovunque è finito il tempo degli imperialismi,dei ricatti,del sangue,da Sargon a Reagan. E’ iniziata la quaresima della vera fraternità”

“Allora sei veramente pazza,continui a delirare. Dio mio,che incubo. Vado a cercare nostro figlio,chissà. ”

Si alza barcollando,si dirige quasi a tentoni verso la macchina,miracolosamente scampata alla furia luddista dei rivoluzionari. Guida a fatica,poi prosegue a piedi,in uno scenario irriconoscibile.

Qua e là,campi e boschi invadono le aree residenziali,gli asfalti sbrecciati di strade e parcheggi; greggi pascolano in pieno centro. Filippo viene informato che la scuola -in generale- non esiste più: “Ormai non studiamo più per,ma nella vita,e la trasformiamo”.

Allo sgomento si aggiunge l’irritazione per quel tono dottrinario e cameratesco che tutti sembrano ad un tratto avere assunto,come dando per scontata una fede universalmente condivisa. Ottiene infine un passaggio su un furgone diretto nella località dove sorge,o sorgeva,la sua proprietà: lì ha saputo che si trova Marco.

E’ dal conducente che riesce ad avere qualche informazione più dettagliata,seppu- re infarcita della solita ideologia: tra slogan di autogestione,redistribuzione e deurbanizzazione,viene a sape- re di una misteriosa bomba “a neutroni alla rovescia”,che non colpisce l’uomo fisicamente ma lo trasforma interiormente,e insieme cambia l’intero paesaggio naturale e sociale “fatto a immagine del capitale”,suscitan- do “la ribellione al sottosviluppo della coscienza,alla repressione dell’immaginazione”.

Quando arriva,Marco,impegnato a potare un pergolato,accoglie il padre con entusiasmo: “Finalmente,papà,ti stavamo aspettando! Qui c’è bisogno della tua competenza in materia di elettronica,vedi, stiamo allestendo terminali collegati a banche-dati di una rete telematica integrata.” “Oh no,anche tu! Marco,ma di che stai parlando,cosa diavolo state facendo qui?”

“Ora ti spiego. Pensiamo che queste attrezzature siano utili,se usate con un certo criterio. Certo,lo strumento più importante non è l’ipertecnologia,ma le risorse umane,il lavoro liberato,la convivialità sobria, antitetica allo spreco ingiusto e biocida,il valore d’uso,l’arricchimento della consapevolezza.” “Basta,Marco,per carità! Anche tu che mi parli come un libro stampato,preso in questa follia collettiva! Io non riesco a capacitarmi. Ma che razza di lavaggio del cervello vi hanno fatto.”

“No,papà. Tu caschi dalle nuvole,si vede che per qualche motivo sei sfuggito agli effetti della Bomba.

Ma se anche fosse come dici tu,che siamo noi in errore,non ci mancheranno il tempo e i mezzi per ren- dercene conto: abbiamo tutta la vita per discutere,capire,crescere.

Ad esempio,giusto prima che tu arri- vassi,quello che vedi in fondo al filare,un ex docente di cibernetica,ci stava illustrando la storia dei condi- azionamenti mentali imposti dai passati regimi tecnocratici,o in altre epoche e culture.” Meccanicamente,quasi senza accorgersene,il padre sta imitando i gesti del figlio,che gli ha passato un attrez- zo per il lavoro,insieme ad alcune sommarie nozioni tecniche.

Ma resta terribilmente frastornato,confuso. “Ragazzo mio,vorrei poter condividere almeno un po’ del tuo ottimismo.

Ma soprattutto vorrei capirci qualcosa,in questo pazzesco guazzabuglio.

Per cominciare,questa incredibile dilatazione del tempo.

(Cronache albesi,marzo 1982)

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