Consapevolezza non fa rima con certezza

di Carla Tropini

giugno 2003

 

Ho iniziato il percorso di ricercazione perché volevo capire come essere più efficace, come riuscire ad affiancarmi ad ogni bambino dov’è per accompagnarlo dove vuole e può arrivare e riuscire a farlo con la MASSIMA NATURALEZZA.

Naturalezza che presume:

competenza disciplinare e relazionale

capacità di vivere con i bambini situazioni d’apprendimento COMPLESSE, reali, vere, naturali…

capacità di saper riconoscere in ogni situazione gli aspetti da cogliere, osservare, approfondire, collegare a NODI DISCIPLINARI.

 

Ecco, volevo soprattutto riuscire a riconoscere nell’agire quotidiano quanto è RICONDUCIBILE a NODI cognitivamente e disciplinarmente importanti perché convinta che non sia sufficiente rendere interessanti delle attività e proporle ai bambini. Inoltre volevo riuscire a far uscire di più ed in modo corretto la fiducia che ho nelle possibilità di ognuno ed imparare a farlo con strategie “giuste” per evitare di “accarezzare” troppo e/o male o di tarpare le ali.

Voglio documentare un “incidente” che mi ha aiutata a capire meglio che se il raccogliere dati aiuta a condurre la valutazione in modo più consapevole, questa consapevolezza deve condurre in luoghi distanti dalle false certezze che sembrano nascere da una valutazione che guarda ad elementi discreti e decontestualizzati.

Penso opportuno premettere:

Anni fa, quando usavo prove di verifica cosiddette oggettive per considerarle attendibili ero molto attenta alle condizioni, alle modalità di somministrazione e alle abilità che le prove presupponevano, ma ero comunque aperta alla possibilità che, al di là di quanto potevo controllare, intervenissero variabili che rendessero i dati raccolti non utili alla riflessione valutativa ed alla conseguente ri-programmazione.

Ora, come un tempo, ritengo essenziale che io sia consapevole di ciò che valuterò sin da quando individuo gli obiettivi da perseguire e pianifico l’azione didattica e ritengo fondamentale sviluppare la mia competenza osservativa sapendo quali competenze voglio valutare perché solo se so cosa guardare posso essere disponibile ed attenta a cogliere i segnali significativi dell’interazione e i dati che mi servono per capire il processo di co-costruzione delle conoscenze.

Questi dati, analizzati ed interpretati, mi suggeriscono come proseguire il lavoro e, se sono riuscita a raccoglierli con strumenti diversi riescono a fornirmi un quadro più reale e complesso della situazione della classe e di ognuno.

Se ritengo importante raccogliere dati con modalità diverse e confrontarli fra loro è per me essenziale farlo considerando i dati raccolti come indicatori di probabilità e non di certezza.

 

Raccolgo dati:

con interviste informali

con note sul campo

con feed-back libero degli alunni (parole, disegni) sovente seguito da intervista

feed–back guidato su un compito, su un tratto di percorso…

(partendo dai loro feed-back a volte riesco a coinvolgere i bambini nella progettazione)

registrando ed annotando durante l’ascolto dati a me utili.

 

Tra queste modalità di raccolta dati, quelle che uso con più frequenza sin dalla prima elementare sono l’ intervista informale ed il flash back.

La mia scelta di ricorrere ai feed-back anche scritti sin dall’inizio della prima elementare è nata:

– Dalla necessità di lasciar scrivere i bambini per far loro scoprire la funzione di comunicazione e la funzione di memoria della lingua scritta.

I bambini sapevano che non mi interessava la correttezza delle parole scritte. I primi tempi sovente venivano da me e mi dicevano frasi del tipo: “Volevo scrivere, ma… non si capisce, me lo scrivi tu” … in questo caso facevo da scrivano.

– Dalla convinzione che dare ricevere feed-back dopo lavori significativi crea complicità tra me ed i bambini, mi aiuta a capire e li coinvolge nella progettazione del nostro percorso.

 

La circolarità della comunicazione di pensieri, percezioni, atteggiamenti, azioni stimola adulto e bambini a tener conto dell’altro, a migliorare, ad aver fiducia.

Per facilitare la costruzione di un clima di fiducia:

quando ricevo un feed-back dai bambini il giorno dopo lo rispecchio evidenziando ciò che mi ha maggiormente agganciata o ritengo più interessante, se il caso chiedo di chiarirmi ciò che non ho capito e prendo spunto dai rimandi ricevuti per rilanciare il lavoro. Quando do io feed-back ai bambini non li oriento sulla persona, ma su prodotti e comportamenti, cerco di descrivere quanto ho osservato senza cedere a premature tentazioni valutative. Proprio perché uso spesso i feed-back degli allievi come modalità di raccolta dati e perché sono convinta che relativizzare sia importante, voglio ricordare un episodio in cui mi è stato dato da un bambino un rimando non attendibile. Dopo aver lavorato a lungo per capire che andare avanti sulla linea dei numeri è come aggiungere ed andare indietro è come togliere, ho chiesto ai bambini un feed-back scritto.

Ho domandato:

– Ti è piaciuto giocare con Astuto e Furbone?[1]

– Cosa pensi di aver capito giocando?

 

Tutti i bambini mi hanno dato i loro feed-back scritti.

Il giorno dopo ho rispecchiato i feed-back ricevuti con una lettera indirizzata all’intero gruppo classe (cfr. Allegato n. 1) e ho chiesto ai bambini di disegnare se stessi mentre giocavano con Astuto e Furbone, poi ognuno ha raccontato cosa aveva disegnato. Nel suo rimando Omar scrive di essersi annoiato e poi aggiunge che mentre si annoiava ha imparato alcune cose che piacciono alle maestre…scrivere, disegnare, (cfr. allegato n.2).

Nella discussione che prende spunto dai loro disegni evito di riferirmi ai feed-back individuali e partendo dai disegni e dai racconti dei bambini invito a ricordare insieme altre esperienze fatte a scuola ed a casa con le regole dell’aggiungere e del togliere. Quando si racconta il gioco con Astuto e Furbone Omar parla con entusiasmo, si alza anche in piedi mentre parla, poi si risiede con un piede sotto il sedere. Mi sono annotata i suoi comportamenti perché Omar era uno dei tre bambini a cui avevo deciso di prestare maggior attenzione.

Dalla registrazione:

…Omar: Quando Astuto si è spiaccicato contro il muro ed è finito a quella di specie di loro ospedale faceva troppo ridere. Gli sta bene così impara a non vedere il muro che abbiamo fatto dallo zero…

Omar: Era chi dava il comando che comandava perché se uno diceva tre più due, certo che Astuto e Furbone non potevano fare cose diverse

Carla : Non potevano fare cose diverse?

Omar: Si, potevano diverso ma era come farle uguali …

Dopo l’intervallo chiedo ad Omar di spiegarmi il suo disegno e lo intervisto sulla sua apparente contraddizione. Omar mi dice che gli è piaciuto giocare con Astuto e Furbone, ma quando scriveva il feedback era seduto tra due bambini che scrivevano “ tanto e bene” e “allora io mi sono arrabbiato ed ho scritto che mi ero annoiato, così facevo diverso da loro e facevo corto” (quanto Omar mi ha detto sul suo feedback scritto me lo sono annotato appena si è allontanato da me mentre sul retro del suo disegno ho annotato, con lui presente, la spiegazione del disegno. Cfr Allegato n.3).

Se non avessi domandato ai bambini di confrontarsi su cosa avevano capito con Astuto e Furbone, per giungere a raccontarci altre esperienze “più naturali” in cui a casa o a scuola i bambini avevano fatto esperienze di aggiungere/togliere e proseguire così il nostro percorso, non mi sarei accorta della non attendibilità del feedback di Omar. Durante il tempo a sua disposizione per scrivere, “probabilmente” Omar ha ritenuto la sua abilità nell’utilizzare il codice scritto non adeguata a quanto gli era richiesto ed ha risolto a modo suo la difficoltà.

A questo punto del mio percorso penso di stare imparando a :

darmi e dare ai bambini più tempo

non aver paura di seminare molto e non aver fretta di raccogliere, di tirare le fila

mettermi nelle scarpe dei bambini

evitare messaggi bloccanti

chiedere ai bambini di chiarirmi il loro pensiero (aiutami a capire, riformula…) nella convinzione di non essere riuscita io a capire

parlare con i bambini di cosa osservo rispetto ai loro progressi ed alle loro difficoltà

chiedere ai bambini di comunicarmi cosa pensano delle attività fatte insieme (piaciuto/non piaciuto, difficoltà, capito…)

riflettere su ciò che ho fatto in classe e su ciò che farò e ciò comporta il tentativo di controllare maggiormente il processo d’apprendimento d’ognuno ( compreso il mio)

valutare con serenità perché penso di aver imparato a dar valore a ciò che c’è ( per i bambini e per me)

superare la falsa dicotomia PERCORSO/PRODOTTO sperimentando modalità valutative più consapevoli perché s’avvalgono di attività di verifica COMPLESSE e diverse che, a volte, mi permettono di triangolare i dati raccolti.

 

Ho difficoltà a:

– evitare domande chiuse o falsamente aperte rispecchiare con prontezza ed efficacia feed-back che chiedo, ricevo e mi aiutano a conoscere il percorso di ognuno

– riconoscere MENTRE AGISCO situazioni da approfondire, finestre che si aprono…

Mi è piaciuto cercare di capire mettendomi in gioco per provare a crescere professionalmente ed il farlo mentre lavoravo con i bambini della mia classe.

 

Continua a piacermi chiedere feedback ai bambini perché le loro produzioni (orali, scritte,…) contengono sempre informazioni significative sul percorso di apprendimento-insegnamento e mi aiutano a capire se riesco a facilitare il capire dei bambini, la loro autonomia ( soprattutto di pensiero) ed il loro coraggio, ponendo domande oneste e vere che favoriscano la loro voglia di scoperta e li educhino a negoziare i significati senza timore di sbagliare. Penso poi che dare e ricevere feedback aiuti i bambini a divenire più partecipi e responsabili di ciò che si progetta e si fa in classe. Forse per poter valutare tenendo conto del sapere, del saper fare, del saper essere mi è necessario consapevolizzarmi maggiormente sulla non oggettività della mia valutazione e sulla non oggettività dei dati raccolti.

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